Brevestoria della vita del beato Pietro Levita
Non si conosce la data precisa di nascita del Beato Pietro.
Giovanni Diacono, nella Vita di San Gregorio, dice che era coetaneo del
grande Pontefice, di cui era amico fin dai primi anni della giovinezza;
possiamo perciò supporre che nacque tra il 535 ed il 550.
Non abbiamo notizie su di lui antecedenti l’elezione
pontificale di Gregorio; alcuni scrittori benedettini affermano che il
Beato appartenesse al loro ordine, ma non ci sono argomenti fondati per
sostenere questa tesi.
L’appellativo
Levita compare per la prima volta in un documento del X secolo e sta a
significare "diacono, sacerdote", sul modello ebraico.
Tra i primi compiti affidati dal Pontefice Gregorio al suo segretario
Pietro, ci fu una missione in Sicilia per esaminare l’operato
di alcuni amministratori dei beni della Chiesa Romana ed anche per
restaurare la disciplina ecclesiastica.
Paolo e Giovanni diacono ci trasmettono il celebre episodio della
cortina, presente in molta iconografia antica del grande Pontefice.
Gregorio si serviva dell’opera di Pietro per scrivere le
proprie opere: egli dettava ed il segretario scriveva. Meravigliato dal
fatto che il Pontefice avesse preteso che tra loro due fosse sempre
presente una cortina e che fosse tanto rapido nel dettare, un giorno
Pietro, mentre il Pontefice gli stava dettando il commento alla visione
di Ezechiele, fece un piccolo foro nella cortina attraverso il quale
vide Gregorio rapito in un’estasi da cui riceveva ispirazione
continua e raggiante di luce. Questo rapimento e questa visione divina
vennero resi per immagini da Paolo e Giovanni Diacono con la visione di
una colomba che parlava al Santo. La pia leggenda continua dicendo che
il Pontefice si accorse di cosa avesse osato commettere i suo
segretario e che gli avesse chiesto di non rivelare ad altri che cosa
avesse visto, altrimenti per lui sarebbe stata morte certa.
Ma , poco prima di morire, Gregorio esprime al Beato Pietro il timore
che i suoi nemici abbiano disposto di distruggere le sue opere; a
questo punto il Beato avrebbe dovuto rivelare quale era stata la vera
fonte dei pensieri e degli scritti del Pontefice, rivelare che fino ad
allora gli era stato impedito dal Pontefice di parlare con la minaccia
della morte e che proprio con la morte avrebbe confermato e la profezia
e la fonte delle parole del Santo. Sempre secondo la leggenda, il
segretario e grande amico di Gregorio accetta eroicamente la morte ed
in tal modo testimonia la sua grande amicizia per il Pontefice.
Non si conosce la data di morte del Beato Pietro; i martirologi ed i
documenti antichi la collocano il 30 aprile ed in tale giorno
è sempre stata celebrata nel vercellese, come attestano i
codici antiche dei calendari diocesani conservati a Vercelli, tutti gli
almanacchi provinciali e gli agiografi. Solo più tardi, per
ovvie ragioni di comodità, la festa fu portata alla prima
domenica di maggio. La morte invece si fa risalire in uno dei primi
anni del VII secolo (probabilmente, il 604).
La famiglia di Pietro era di nobile origine: sarebbe stata altrimenti
impossibile la sua amicizia con Gregorio che apparteneva ad una delle
famiglie più nobili di Roma, quella degli Anici;
d’altra parte, la nobiltà della sua famiglia
appare in tutte le fonti, anche le più antiche.
La famiglia del Beato Pietro era originaria del Biellese ed era la
nobile famiglia dei Bolgari. Nella più antica vita del
Beato, la Vita Beati Petri Levitae che si trova nel Codice SERMO SANCTI
HJERONIMI DE ASSUMPTIONE B.M.V. NECTON VITAE DIVERSORUM SANCTORUM
presente presso l’archivio capitolare di Vercelli, si trova
per la prima volta il nome di Salussola accanto a quello di Vittimulo.
L’anonimo biografo narra che il corpo del Beato Pietro, dopo
la morte eroica avvenuta dopo aver svelato il segreto di Gregorio,
venne sepolto in San Pietro a Roma e dopo un tempo imprecisato venne
trasportato di nascosto a Vittimulo. Nel corso dei secoli, in seguito
anche a guerre ed a distruzioni, si perse il ricordo del luogo della
sepoltura quando, secondo la leggenda, una pia matrona della stessa
casata del Beato Pietro, per divina ispirazione scoprì le
reliquie che vennero trasportate a Salussola in una chiesa a lui
dedicata, in cui fu istituito per il servizio del culto un ordine di
canonici.
Per quanto riguarda la famiglia dei Bolgari, la comune tradizione
afferma che ad essa apparteneva il Beato Pietro e ne attesta la
presenza nel territorio di Salussola fin dal secolo VI. Il primo
documento che ne testimonia questa tradizione è il dipinto
che si conserva nella sacrestia della chiesa parrocchiale di Salussola,
opera pare di Scipione Gaetano, discepolo di Iacopino Del Conte,
vissuto alla fine del secolo XVI. Il dipinto che rappresenta Pietro
Diacono con la divisa da Cardinale porta l’iscrizione "San
Pietro dei Bolgari, Cardinale Diacono...". Più caute sono
invece le affermazioni degli storici basate in particolare sulla citata
Vita Beati Petri Levitae che concordano nel dire che il Beato era un
nobile vercellese e forse della famiglia dei Bolgari.
Definirlo vercellese non significa negare la sua origine salussolese.
Questa tradizione comincia soltanto nei secoli XVI-XVII, mentre i
documenti precedenti non ne parlano. Ad esempio, leggendo la Vita
citata non troviamo il minimo accenno a Salussola come patria del Beato
e ciò pare un’omissione inspiegabile, tenendo
conto del fatto che tale opera è stata scritta e forse
recitata proprio in occasione della festa del Beato in questo paese.
San Gregorio nella sua opera ci parla di Pietro Diacono come di suo
amico fin dall’infanzia ed è pertanto moto
probabile che il Beato sia nato a Roma da una famiglia
nobile:ciò spiegherebbe sia la conoscenza, sia
l’amicizia fra i due bambini. Ma allora, se il beato Pietro
era di origine romana, come spiegare il furto delle reliquie per
trasportarle a Vittimulo ed in un secondo tempo a Salussola?
E’ certo che a questo furto non dovettero essere estranei i
signori del luogo, anzi ne furono essi i promotori, per interessi di
famiglia o per altri motivi che non si conoscono. Pertanto, anche
supponendo Pietro nato a Roma, esisteva una relazione fra il Beato e
Salussola. Forse si trattava di una famiglia nobile che risiedeva a
Roma ma che aveva vasti possedimenti a Vittmulo, come quella di
Gregorio che, pur risiedendo nella capitale, possedeva molti beni in
Sicilia. Del resto si sa della presenza di grandi famiglie di Roma nel
vercellese. Ma come possiamo collegare le considerazioni precedenti col
fatto che a partire dal '600 si forma la convinzione che egli
appartenesse ala famiglia dei Bulgaro che era potente nel Vercellese
fin dal X secolo? Il codice vercellese della Vita non parla di
un’appartenenza del Beato alla nobile famiglia, ma li nomina
nel racconto di un miracolo importante non tanto per sé
stesso, ma per alcuni dettagli. In questo racconto si parla della lotta
tra gli abitanti di Salussola ed i Bulgaro, di un incendio appiccato al
paese e della miracolosa salvezza della chiesa in cui erano conservate
le reliquie del Beato. Di questo racconto sono poche le affermazioni
che possiamo considerare accettabili: la lotta avvenne per motivi di
carattere economico e non si accenna al fatto del trasporto delle
reliquie; i Bulgaro erano parenti o per discendenza diretta o per
successivi matrimoni con quella matrona che scoprì le
reliquie e che a sua volta era una discendente dei nobili di Vittimulo.
Ma cosa possiamo dire delle possibili origini di questa famiglia? La
parola Bolgaro (come bulgari, Bulgaria) deriva da "Bolga", fiume della
Russia, e sta ad indicare un’origine asiatica di questa
famiglia arrivata probabilmente in Italia come erano arrivate altre
orde barbariche. Basti pensare alla celebre invasione degli Unni del
452, dove accanto a questi erano presenti molti guerrieri di origine
bulgara; troviamo altri bulgari presenti, 100 anni dopo, con Alboino
nell’invasione da parte dei Longobardi della penisola
italica. Mentre nel primo caso, con il leggendario episodio di Leone
Magno, molto probabilmente non ci fu un insediamento di genti di
origine bulgara in Italia, certamente ci fu nel secondo caso, quando
accanto ai Longobardi che si stabilirono nell’Italia
Settentrionale e Centrale, si stabilirono anche come compagni della
loro impresa delle famiglie di origine bulgara: non solo, si sa anche
che chiamarono altri compatrioti, e vediamo che nel 667 il quinto
figlio del loro re Cubrato, Altzek, si recò con i suoi in
Italia e si insediò nel ducato di Benevento.
Non si può precisare quali dei nostri Bulgari venne con
Alboino e quali con Altzek, però entrambe le date (568 e
667) sembrano porre dei dubbi sull’appartenenza del nostro
Beato alla famiglia Bulgaro, poiché esse non consentono a
Pietro ed a Gregorio di essere coetanei.
Come possiamo allora definire un rapporto di parentela fra il Beato
Pietro e la nobile famiglia dei Bulgaro? Bisogna rifarsi alla storia di
Salussola. Sappiamo che Salussola, verso l’anno 882, venne
donata da Carlo II il Grosso a Liutvardo, vescovo di Vercelli. Tale
donazione venne confermata da diplomi successivi; Signori di Salussola
erano allora i Signori di Casalvolone, donde passò ai
Signori di Biandrate e di Bulgaro. Questi ultimi, per via di donazioni
e di matrimoni, andarono gradualmente diventando i veri signori di
Salussola. Per distinguerli dagli altri rami della famiglia, vennero
chiamati in vari documenti ufficiali "De Salussola", anche per il fatto
che si imparentarono con i più antichi nobili del paese. Col
passare dei secolo la famiglia Bulgaro possedeva ed aumentava vasti
patrimoni, terre, castelli, in tutto il vercellese ed il biellese. Il
grande casato chiuse il suo lungo ciclo molto tardi nel secolo XVIII
con il conte Giovanni Battista morto a Torino il 15 gennaio 1747 e con
l’ultima sua figlia Gabriella Teresa morta nel 1777.
Da questi brevi cenni possiamo concludere come i Bolgari abbiano potuto attribuire alla loro famiglia il Beato, in quanto essi ebbero qualche relazione di parentela e di successione con gli antichi signori di Vittimulo, da cui derivarono i primi signori di Salussola e dai quali essi ereditarono l’ambito vanto di avere fra gli antenati un nome così antico ed illustre.
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